Indirizzo: Piazza Cardelli, 4 00186 - Roma     Telefono: 066840341     Fax: 066873720     Email: [email protected]    

Assemblea generale: intervento di Marcello Pera

"La Provincia e le riforme": intervento del Presidente del Senato della Repubblica Marcello Pera all'Assemblea generale delle Province

Istituzioni e Riforme    2/12/2003

La Provincia e le riforme

Questa Assemblea dell’Upi trova il Parlamento, soprattutto il Senato, impegnato in un processo di revisione costituzionale, che è certamente di rilievo per le Province e per tutte le autonomie locali. Lo trova anche, il Parlamento, impegnato nella discussione della legge Finanziaria. Mi soffermo sul primo punto.

Il punto di partenza è la c.d. riforma federale del titolo V Cost. (la legge Cost. 3/2001).
Alcuni difetti sono stati diffusamente riconosciuti ed esiste, a detta di tutti, una lacuna vistosa.

– La lacuna è il mancato completamento della riforma con il Senato federale, unica camera di compensazione e di chiusura del sistema delle autonomie.

– I difetti che riguardano (a) la vastità delle materie “concorrenti”, (b) la percezione che alcune di esse  starebbero meglio in capo allo Stato, e (c) l’incertezza delle divisioni per materie, che hanno chiamato la Corte a pronunciarsi e così, in qualche modo, a supplire alle carenze del Parlamento.

Ora, il Parlamento deve prendere atto di queste carenze e provvedere rapidamente. Si tratta di completare le riforme, portare a termine la transazione. Dobbiamo farlo per tante ragioni, di cui le principali sono:

– Una Costituzione incompleta è una Costituzione inefficiente;

– Una Costituzione inefficiente crea incertezze, sovrapposizioni e squilibri di e fra poteri dello Stato;

– Gli squilibri tra i poteri dello Stato vanno a danno di una democrazia efficiente;

– Un Paese con una democrazia non efficiente rispetto alle istituzioni (non rispetto alla politica, che è altra cosa) non è in grado, a differenza di altri, di prendere decisioni rapide o incisive;

– Il ritardo delle decisioni, o la loro paralisi, produce dei costi finanziari aggiuntivi.

Siamo dunque di fronte ad una “sfida per il progresso”, e questa comincia proprio dal “primo livello” di sussidiarietà, dove si collocano Comuni e Province. Qui si replicano gli stessi problemi che riguardano le regioni.

– Vi sono competenze che non possono essere ritagliate nettamente fra Comune, Province, Regione, Stato.

– Vi è l’esigenza che, anche nell’ordinamento federale, le Regioni non riproducano, rispetto agli enti locali, il centralismo dello Stato rispetto alle Regioni;

– Vi è l’esigenza che il federalismo sia sì competitivo rispetto alle politiche, ma non lo sia rispetto ai rapporti fra le istituzioni. La prima competizione è virtuosa, la seconda è perniciosa. Una Repubblica istituzionalmente a macchia di Leopardo non solo è rischiosa rispetto alla sua unitarietà, non è efficiente rispetto ai bisogni dei cittadini.

I Presidenti delle Province sono i meglio attrezzati per comprendere questi problemi, perché li vivono quotidianamente. Infatti, essendo posta al “secondo gradino” nella scala della sussidiarietà,

– Da un lato, la Provincia deve guardare a sé e verso l’alto, cioè proteggere i suoi poteri esclusivi, fare regolamenti, organizzarsi in autonomia, esercitare funzioni fondamentali definite dallo Stato;

– Dall’altro lato, la Provincia deve guardare verso il basso, assicurando il coordinamento in un ambito territoriale allargato e, quando si presenti la prima necessità, avvalendosi di poteri che si sovrappongono a quelli dei Comuni.

Passi avanti verso le riforme e una migliore definizione degli equilibri istituzionali sono stati fatti. Due sono rilevanti:

– La legge 131/2002 ha reso i nuovi articoli della Costituzione più facili da attuare e meglio comprensibili;

– La sentenza 303/2003 della Corte Costituzionale ha dato indicazioni importanti, specie laddove ha richiamato le “istanze di unificazione presenti nei più svariati contesti di vita”.

Ora tocca di nuovo al Parlamento in sede di revisione costituzionale. Il punto rilevante, naturalmente, è il Senato federale. Esiste un testo, è in discussione, è considerato aperto da coloro stessi che lo hanno presentato. Ci sarà tempo e modo di discuterlo, soprattutto quando dalla Commissione si trasferirà in Aula. Qui desidero solo accennare ad alcuni nodi che non mi sembrano ancora risolti.

– Il Senato sembra troppo debolmente federale riguardo alla elezione e composizione. L’elezione diretta su base regionale di soli senatori, per di più con il sistema proporzionale e contestualmente alle elezioni della Camera, non basta a stabilire un collegamento con gli interessi territoriali;

– Dall’altra parte, il Senato sembra troppo esageratamente federale riguardo alle sue competenze (ad esempio, più federale di quello tedesco). Le “leggi di principio” affidate alla competenza del Senato riguardano materie di rilevanza strategica per l’indirizzo politico del Governo, che, nel caso in cui al Senato fosse presente una maggioranza diversa da quella che lo sostiene (ciò che è facile prevedere che sia la regola), sarebbe esposto al rischio di vedere paralizzato il suo programma, visto che su tali leggi la decisione finale è attribuita al Senato.

– Il Governo manca di strumento di pressione sul Senato (come la posizione della questione di fiducia e la minaccia dello scioglimento anticipato)  per indurre lo stesso Senato ad approvare i provvedimenti espresisone dell’indirizzo politico governativo.

– Si parla di riportare la competenza su Bilancio e Finanziaria al Senato. Ma attribuire al Senato questa competenza significa impedire la governabilità a chi ha vinto le elezioni, negare il principio di responsabilità politica, favorire un sistema consociativo estremamente costoso. Oppure significa riportare la questione del voto di fiducia anche al
Senato, con ben poche differenze rispetto alla situazione attuale.

– E si parla anche di rivedere le previsioni dello scoglimento della Camera in capo al Primo Ministro. Neppure questo favorirebbe la responsabilità politica e quel bipolarismo che ormai è entrato nel costume politico degli Italiani. D’altro canto, sarebbe decisamente incongruo negare al Primo Ministro italiano quei poteri che hanno i suoi colleghi europei e che hanno tutti i Sindaci, i Presidenti di Provincia e di Regione. La stabilità dell’Italia non ha almeno lo stesso valore di quella del Comune di Vattelapesca o della Provincia di Vattelaccia?

Mi fermo e chiudo. Il processo di riforma è all’inizio. Io credo che le forze politiche debbano rifletterci con attenzione, confrontarsi, mostrarsi disponibili alle reciproche obiezioni. Noi abbiamo bisogno, ormai urgente bisogno, della riforma. Ma non abbiamo bisogno di una riforma, bensì di quella riforma che delinei poteri ben distinti, competenze ben chiare, e soprattutto uno Stato efficiente. Prima delle posizioni di questa o quella parte politica, viene la coerenza interna e la funzionalità complessiva del sistema. Ne va dell’Italia e della nostra democrazia.



Redattore: Redazione Upi
Torna all'inizio dei contenuti